Mi si chiede di scrivere un pezzo per "Capitolium" Un onore ed anche una grande responsabilità appunto, perché sono un giornalista e scrivo sempre quello che penso. Mi perdonerete dunque se anche questa volta esporrò qualche episodio dei miei venticinque anni trascorsi nella città di Roma con la mia solita franchezza.
La guerra era appena terminata ed ero ancora in uniforme di "Liberatore" quando venni a Roma come turista.

Venni in questa città con i miei genitori da bambino, ma la ricordavo ancora abbastanza bene, anche se molto cambiata, mi ricordavo.
Mi ricordavo del Colosseo, del Foro e sopratutto di S. Pietro. All' epoca della mia prima visita mi fece una grande impressione. Mi ricordo che per giungere in quel luogo si doveva transitare in strette stradine e attraversare un quartiere popolare e tutto ad un tratto ci si ritrovava in una enorme piazza, gigantesca, una rapsodia di marmi, con le sue 300 e tante statue di apostoli ed evangelisti, martiri e santi, dottori e pontefici, che si stagliavano. contro il cielo a narrare fa drammatica e luminosa storia della Chiesa.
Rimasi a Roma pochi giorni in quella mia seconda visita, la città era ancora sul piede di guerra.

All' albergo Excelsior in via Veneto era ancora come ospite il comandante della V° armata il generale Marc Clark e gli Sciuscià erano dappertutto. Il loro quartiere generale erano gli angoli di via Ludovisi e di via Sicilia. Era un spettacolo umano e triste.

Una sera andai perfino al cinematografo, al Barberini, che allora era ancora requisito, l' aria era pesante a Roma, una atmosfera di insicurezza, di transizione, di facili avventure e di fame, dato che se in via Veneto si potevano facilmente trovare le scatolette americane, nei quartieri di Trastevere e della Roma vera, si cercavano ancora i Pomodori e quel poco di carne che costava troppo.

A Roma c'erano già i forestieri, ma erano strani turisti e quasi tutti in uniforme. Ma fra di loro c'era già chi, pur non capendo Roma, aveva un solo desiderio, ritornarci e sopratutto viverci.

Ritornando in sede mi recai immediatamente dal mio Direttore e gli chiesi francamente di inviarmi in missione giornalistica a Roma.
"Per pochi giorni" mi fu risposto.
I pochi giorni si trasformarono in mesi, anni, e oggi sono tanti, e siamo un po' cambiati Roma ed io. Ma Roma è ancora un enigma per me, sebbene di una cosa sono certo... "Le vojo bene" . Lei fa parte di me, anzi, io faccio parte di lei.

Da qui sono partito mille volte, in missione di inviato speciale, in vacanza, per visitare parenti lontani. Mi involai centinaia di volte da Ciampino, dall' aereoporto dell' Urbe, da Fiumicino, per le Varie parti del mondo, verso l' Africa equatoriale, verso le Americhe, verso l' Estremo Oriente, e mille volte ritornai.
Sempre al mio ritorno a Roma, mi batte il cuore forte forte, e mi viene una gran voglia di piangere, ma piangere di gioia perché ritorno a casa, in terra mia almeno mi illudo di crederlo.

Oramai sono un socio anziano della nostra Associazione della Stampa Estera in Italia che ha la sua Sede in via della Mercede 55.
Conosco Roma come le mie tasche, conosco le sue bellezze e le sue brutture, e la sua gente sincera e simpatica, e conosco anche quello sparuto gruppo di antipatici.
Devo ammettere che se un romano de Roma è antipatico lo é "forte".

Vi do alcuni esempi quel vigile urbano che porta sempre gli occhiali da sole, forse per non farsi riconoscere... isuoi colleghi lo chiamano: " quello dalla multa facile" , si proprio quello, è un volontario allo scritto, sempre col blocchetto, con il suo nome già bollato sopra le "farfalle".
Ogni volta che mi vede e che lui è di servizio nei pressi di Piazza S. Silvestro la multa non scappa , ma cosa gli hanno fatto mai i giornalisti... "Ao nun ci po' vedè"
Poi c'è un commerciante di via Frattina. Quando entri nel suo negozio non si muove da dietro la cassa e ti dice " Bhè" e fa fatica a servirti e i suoi prodotti sono più cari di quelli del suo dirimpettaio ma uno è addirittura ipnotizzato dal negoziante, dal cattivo carattere e ci ritorni nel suo antro, se non altro per farci una litigata ma pur sapendo che ti dà una "sbandata" se tu comperi la sua merce
Poi ci sta quell' impiegato del Comune, del reparto certificati. Si crede il padrone di mondo, forse lo era uno dei sul antenati, ma lui certamente no

Sono eccezioni dato che il vero "romano de Roma" é estremamente buono, sincero, e perché no, mangione e la vera cosa che gli piace fare è l' assaporare i suoi cibi, dei più gustosi che vi siano.
Ma ditemi non siete mai stati, una volta almeno, dalle parti di piazza Mazzini e più precisamente all' istituto "Leonarda Vaccari" per i bambini poveri e poliomelitici? Andateci e conoscerete tanti bimbi sofferenti che sanno sorridere e che ti danno quella lezione di sublime umanità.
Uno di essi si chiama Mario, e un giorno mi disse: "Signò.. è vero che. sto mejo oggi?"
"Si Mario, stai meglio e presto guarirai"
Siete mai stati al Tinurtino III, nelle strade infangate delle borgate dove si parla romano de Roma, dove la gente dice "Voi favorì" offrendoti un caffè o magari una cucchiaiata del suo piatto di minestra?
Siete mai stati nei quartieri dei Parioli o dell' Eur, dove sebbene il denaro non manca, il semplice atto di "voi favorì" è uguale a quei quartieri meno fortunati ?
Avete mai parlato con il primo cittadino di Roma, il Sindaco Darida un uomo responsabile di tanti, ma tanti problemi della città, che giornalmente sul suo tavolo trova mille suppliche, mille proteste, mille guai ma sa anche lui sorridere, e si esprime con quel senso ironico e teneramente mente beffardo, come solo un romano lo sa fare , e con un sorriso ti congeda e tu esci contento dal suo ufficio.

Noi giornalisti della stampa estera che operiamo qui in Roma, tentiamo sempre di fare conoscere Roma tramite i nostri scritti e le nostre radiocronache.
Uno dei grandi aspetti di Roma, riguarda la generosità estrema dei Romani, esagerata generosità, che può essere controproducente. Roma cresce ogni giorno di più insieme al numero dei suoi cittadini.
Allora perché non essere un po' più severi con i suoi temporanei visitatori che finiscono per installarsi qui a Roma per sempre, naturalmente non alludo alle migliaia di forestieri che sono i più che benvenuti, ma quel gruppo di persone che io considero girovaghi, che non sono né professori, né studenti, né pittori, né artisti, né studiosi né certamente genii, e che campeggiano, nel vero senso della parola, nella Roma bella, non dico spendendo denaro, ma chiedendone talvolta e molto insistentemente nelle strade romane.
Alludo a quei gitani che campeggiano sulle scale di Trinità dei Monti, alloggiando nelle grotte del Pincio, conosciuti con il nome di "Hippie" mentre gli Hippies non hanno niente da spartire con questi ultimi.
Tutti sognano di potere venire a Roma e starci, ossia rimanerci, e qui rispondo a quel assessore capitolino che l'altro giorno mi disse : "Si ricordi che a Roma esiste la libertà e la piena ospitalità.
"Si, Signor Assessore ma l' ospitalità di Roma bisogna sapersela guadagnare, magari con qualche sacrificio e non prendere Roma come un refugium peccatorum."

Ora in occasione di questo anniversario secolare di Roma cosa posso augurare al suo Sindaco, alla sua popolazione, a Roma.
Niente e Tutto...
Niente, perchè Roma possiede tutto, e tutto perché Roma non ha bisogno di nulla. se non di molto affetto da parte di chi ci vive ed ecco perché Roma é una bellissima donna che deve essere amata anzi adorata, perché é bella meravigliosamente bella di sera e di notte, di giorno e nel pomeriggio, nelle sue quattro stagione, anche quando raramente si mette il vestito bianco che si chiama neve.

Grazie romani di considerarmi uno di Voi e a lei signor Sindaco auguro solamente di avere il tempo di salire sul Pincio al tramonto. e di poter ammirare il sole arancione che sparisce dietro all' antenna di Monte Mario.




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