Ed eccoci a bordo, noi impavidi 8, ognuno con il suo bravo passaporto in mano o in tasca, a tenerci in bilico, appoggiandoci ridendo anche su di noi. La long tail n.37 si è fatta largo tra le altre le il solito motore di camion adattato per navigare con aggiunta per mezzo di una lunga pala, un' elica romba, sbuffa, manda fumo nero...ma la barca va.
"Se tutto va bene mi giocherò il numero 37 al lotto al rientro in Italia" dico, mentre un anziano marinaio manovra la lunga barra con dimestichezza e maestria. Siamo in mare. Dietro di noi lasciamo palafitte puzzolenti e putride appartenenti a tutti gli abitanti di frontiera, e sono tailandesi questi. Davanti a noi, all'arrivo, troveremo lo stesso scenario, ma, ancora non lo sappiamo. Intanto da qui...dall'alto...lo scenario appare bellissimo e accattivante.
Dopo una mezz'ora di navigazione l'antico Siam appare distante e ormai immerso nella foschia emanata dal calore e dall'umidità del luogo mentre la Birmania si avvicina.
Si intravede il luccicar di un tempio dal tetto dorato..si intravede un qualcosa che assomiglia ad una casa galleggiante tra uno stretto di mare sulla nostra sinistra.
Man mano che ci avviciniamo la costruzione appare sempre più misera e improvvisata decine di copertoni ne coprono le pareti. Ad essi si ancoreranno le lunghe barchette per mezzo di una corda ormai slabbrata e putrida. La guardo e mi meraviglio, pare si regga a malapena a galla quella casa, poi con sollievo noto che è per un lato appoggiata ad un lembo di terraferma un isolotto appena accennato.
La nostra n.37 si avvicina piano e ormeggia. Viene ad un paio di copertoni appesi alla parete della casupola. Leggo "immigration" e vedo sventolare una bandiera che sembra cadere...è lisa e sporca...
é la bandiera del Myanmar (Birmania). Non è possibile! Non credo ai miei occhi..una frontiera composta da una palafitta in acqua ricoperta di copertoni di auto e di camion.
Altra avventura... e già incomincio a temere sulle capacità di sapermi tenere in bilico questa volta e sulle difficoltà che avrà il compagno della mia vita con una gamba non troppo allenata rispetto all'altra. Ho paura per i salti che dovremo improvvisare dall'imbarcazione al primo scalino (si fa per dire) della palafitta.
Passo per prima, i sette uomini cavallerescamente mi cedono i passo.Bene lo sbarco è andato e mi trovo ora con il dover affrontare il terzo gradino, la nostra salita per "l'ufficio diplomatico" appare come un mucchio di sassi posti l'uno sull'altro ricoperti di sola sabbia...un cane mi ferma il passo.. Sta scendendo per salire sull'imbarcazione forse. In due non si passa...quindi o lui o io...scende prima lui mentre dietro di me la fila dei coraggiosi uomini farang si mette in disparte..
O.K. Ci sono...sono su. Sono arrivata su un pianerottolo che pare ballarmi sotto i piedi...e ora?
Adesso un musulmano in divisa sdrucita mi indica l'entrata...un'unica stanzetta semibuia, dove man mano ci riuniremo tutti e otto.
Ci sono dieci sedie di plastica e ci invitano a sederci. Non vorrei farlo ma "devo". Stringo tra le mani la macchina fotografica aperta...la tentazione è grande...due uomini in divisa sono seduti dietro al tavolaccio che ci divide. Uno prende i passaporti, li ammucchia e uno dopo l'altro li apre alla pagina dove è stato posto il visto d'uscita dalla Thailandia...l'altro uomo batte forte, un timbro sopra un cuscinetto d'inchiostro quasi asciutto, prende un passaporto dalle mani del collega e si prepara ad apporre un timbro. Il passaporto gira e rigira tra le sue mani stanche mentre il primo ufficiale cerca di indicargli il punto esatto dove dovrà essere posta la timbratura. Il timbro si mette in moto nuovamente, è pronto a partire e si ferma in aria a questo punto il sotto ufficiale si ricorda e chiede a noi 5 dollari a testa... si ..lo sapevamo...e tutti noi avevamo la nostra brava banconota tra le mani.
Ora la moneta americana con scritto "In God we trust" (e non in Allah!) sarà girata e rigirata, contata e ricontata e infine il timbro di "accesso e d'uscita" nel e dal Myanmar sarà applicato.
Come si fa ad entrare e uscire contemporaneamente in una nazione. Come si fa? Si fa, si fa. Per cinque dollari si fa questo ed altro da queste parti.
Ho il dito sopra lo scatto della macchina fotografica posata strategicamente sulle mie ginocchia. I compagni di viaggio mi guardano folgorandomi tutti, compreso l'americano studioso di oceanografia tanto conosciuto da queste parti per le numerose entrate ed uscite. Allora rinuncio e richiudo lentamente l'apparecchio nel suo fodero.
Alzo gli occhi...una sola foto è incollata alla meno peggio su una delle pareti. Il capo del Myanmar circondato da ghirlande di fiori veri ormai appassiti. Ha una faccia antipatica. Sopra la foto una bandiera scolorita. ..
Qualcosa continua a pungermi le gambe nude. Non so trattenermi dal grattarmi. Nugoli di insetti si stanno nutrendo del mio sangue... mentre Andrea mi indica con gli occhi una tenda alle nostre spalle. Si alza lentamente e riesce a scostarla di pochi centimetri. Dietro riusciamo a vedere un mucchio di vestiti appoggiati in terra sopra tre stuoie.
Questa è la camera da letto degli ufficiali mentre del bagno non vi è nessuna traccia.
Tutto qui per due o tre funzionari, di uno Stato esistente nel mondo. Tutto qui per degli uomini dalle divise sgualcite e i piedi fasciati semplicemente da sandali di gomma 200 euro al mese, e sono dei privilegiati!
Salutiamo cortesi e affrontiamo la ridiscesa che sarà ancor più dura della salita. Il vecchio barcaiolo ci aiuta a risalire a bordo. Altra prova d'equilibrismo. Gli chiediamo, noi italiani, di portarci a terra almeno, sorride e si avvicina alla terra ferma.
Ed eccoci in Birmania. Cinque di noi aspetteranno su una panchina al molo mentre Andrea, W. Ed io approdiamo al nuovo mondo. Uno sguardo almeno.
Poco lontano il tempio avvistato dal mare ospita una grande statua del Budda, mentre tutto intorno appena un accenno di villaggio. Palafitte luride e un tanfo insopportabile sotto un caldo asfissiante ed opprimente. Notiamo della merce in vendita che da noi non si troverebbe nemmeno all'nterno di un secchio dell'immondizia nel più povero dei rioni. Qualche oggetto di contrabbando...sigarette...liquori per pochi dollari americani.
"Povera gente! Povera gente!" ripeterò per ore da qui in poi, come un rifiuto a credere a ciò che avevo visto, come una preghiera!
Ci troviamo nuovamente in terra tailandese. altro permesso di entrata e saremo legalmente ospiti, per altri 30 giorni, di Re Bhumidol.
E' ricca la thailandia in confronto a ciò che i nostri occhi hanno pur visto...è sorridente...allegra...viva...Benedetta!
Consumiamo allegramente un abbondante pasto scherzando tra tutti noi, la birra é gelata...una spremuta d?arancio per me...una festa!
Sì ci vuole poco per essere al mondo...per sentirsi parte del mondo e tra i fortunati a volte, basta attraversare una frontiera!
Ed eccoci nuovamente ad attraversare il ponte Sarasin mentre appare all'orizzonte, per noi, il più caldo dei tramonti...
Siamo di nuovo a Phuket. Tra un paio d'ore saremo a casa, si...anche un albergo può essere "Casa".
P A G I N E > > > >
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