"Cosa
penso del mondo dopo quarant'anni che mi trovo qui - disse Schweitzer?
Io sono una piccola rana che vive nel suo stagno. Per me c'è solo un
problema: guarire i malati, mantenere in efficienza il mio ospedale,
comprendere gli indigeni. Non sono al corrente di tutti I problemi
dell'Africa, ma spero che vi sia un progresso regolare in tutti I
campi. Da quello materiale allo spirituale. Fare delle profezie è
impossibile. Bisognerebbe viaggiare molto e io non viaggio. Vedere
molte persone, ed io sono sempre qui. Mi sono però sempre chiesto: come
dare una base solida e profonda alla morale? Nei dieci anni che sono
rimasto all'università, prima come studente e poi come professore, ho
avuto la gran fortuna di leggere tutto ciò che su quest'argomento
avevano scritto in Cina, in Giappone, in India e da noi. Allora ho
compreso che il Bene è Bene e che il Male è Male. La nostra civiltà è
liquidata, perché non c'è in essa l'ideale umanitario, un sentimento
guidato dagli istinti e dalle ispirazioni umane. Questo purtroppo in
tutta la nostra esistenza, sia come individui sia come società!- Noi
siamo dei Mostri umani. Un elemento di forza ci spinge ad essere
diversi da quello che in fondo siamo. Da ciò è nata la prima guerra
mondiale. Non abbiamo saputo resistere alla distruzione. C'è nel mondo
una cosa che non comprendiamo: lo sviluppo. Gli scienziati dicono che
tutto ciò che forma la vita si è sviluppato da un'altra vita più
piccola: la cellula. Quest'organismo si è sviluppato e alla fine è
apparso l'uomo. L'UOMO che non è solo un essere materiale che sa
muoversi, lavorare, fare progressi, ma è una creatura dotata di uno
spirito. E nel profondo della parola "Spirito", questa cosa
inafferrabile, è racchiuso il problema della religione e della
filosofia. Ambedue cercano la stessa cosa camminando per due strade
diverse. La religione tende a capire quel che I profeti hanno detto sul
bene e sul male. La filosofia tende a spiegarlo aiutandosi con il
ragionamento ed il pensiero umano.
Ed ora parliamo di noi che
viviamo oggi. Io dico che ognuno deve cercare di avere un'altra
occupazione oltre quella materiale necessaria all'esistenza. Potrà così
aiutare coloro che hanno bisogno di essere soccorsi. Io dico che si
deve essere uomini perché l'uomo ha bisogno dei suoi simili. Non si
tratta di avere una seconda professione, ma di tenere gli occhi rivolti
verso coloro che hanno bisogno. Non è un problema di denaro, ma di
tempo, di simpatia!".
A Lambaréné si lotta tutti I giorni per
la sopravvivenza con semplicità, con speranza. La gente sa essere
felice per una parola, per un gesto, per un po' d'attenzione.
Ignoranza
e superstizione sono però molto diffuse e quindi c'era un'altra immane
e costante lotta che il Dottore Bianco doveva affrontare
quotidianamente. Lo scontro contro un suo potente antagonista: lo
sciamano del villaggio. Molti, troppi erano ancora coloro che si
rivolgevano a lui per guarire I propri mali. Così si perdevano delle
vite talvolta anche delle malattie semplici, che avrebbero comunque
avuto bisogno di un bisturi. Personalmente, ciò che più mi rattristava
era l'apprendere in un radioso mattino qualsiasi, che un bambino era
stato condotto da lui e non ce l'aveva fatta a superare la notte.
Per
fortuna I bambini nascevano anche. Ed erano tanti!
Regnava
perciò una grande confusione, in un'altra serata particolare, sotto il
portico, intorno al tavolo, intorno alla scatola magica e soprattutto
intorno al Dottor Schweitzer.
Si stava festeggiando l'ennesima
operazione riuscita, eseguita dal Docteur e dai suoi collaboratori. Due
le vite salvate: una partoriente ed il suo bambino.
La ragazza
aveva bisogno che le fosse praticato un taglio cesareo. Lo stregone, al
quale si era rivolta ormai all'estremo delle forze, non lo sapeva, e
comunque non lo avrebbe potuto eseguire.
In estremis era stata
tolta dalle mani feticci e accompagnata all'ospedale. E ancora una
volta la scienza e la tenacia del medico bianco avevano avuto la
meglio, riuscendo a compiere uno dei tanti miracoli, con i rudimentali
mezzi tecnici a disposizione.
E' nata una bellissima bambina,
figlia di un mitico cacciatore del luogo, forse per questo le è stato
imposto il mio nome. Un nome davvero strano per una piccola nera.
Ne
sono davvero felice! Il nome della dea cacciatrice sarà bellissimo
anche laggiù, nella profonda Africa equatoriale.
E con la
nascita gioiosa della piccola Diana è trascorsa la nostra ultima serata
a Lambaréné nel villaggio d'Adolinanongo.
La vera VITA è
rullata davanti ai miei occhi in quei giorni africani. Intensa e
tangibile, e ho avuto la fortuna di conoscere, al di sopra d'ogni altra
persona, luogo, esperienza ed emozione, un essere umano, che con il suo
esempio avrebbe condizionato tutta la mia personale, futura esistenza.
Con il suo esempio mi ha aiutato a crescere in fretta, dal punto di
vista culturale e umanistico.
Non è da tutti poter vivere,
seppur brevemente e in così giovane età, vicino a un premio Nobel per
la Pace.
L'anima si è riempita di mille canzoni dalle
sfumature più profonde e poetiche. Il desiderio di approfondire si è
incuneato nel mio profondo, come un germoglio e non mi avrebbe più
abbandonata insieme alla voglia di conoscere, viaggiare, arricchire
ogni ulteriore sapere e poterlo poi rinnovare in ogni giorno a venire.
Decine
le barche nuovamente pronte a salpare, poco distanti dalla riva
sabbiosa del fiume Ogooué. Tutti volevano scortarci fino a Libreville
per un ultimo saluto. I tam tam avevano ripreso a battere, prima in
sordina poi sempre più forti fino a divenire assordanti scandendo, a
modo loro, parole di commiato.
Il grande dottore bianco, in
piedi sulla riva così come mi era apparso la prima volta, adesso aveva
il volto nascosto dalla balza del suo cappello. Solo quando navigavamo,
ormai troppo lontani da lui per vedere le sue lacrime d'addio, se lo
tolse e lo sventolò in aria a lungo, salutando. In alto verso il
cielo...
Era tanto vecchio, infinitamente stanco e a noi aveva
donato le sue speranze affinché il suo mondo continuasse¼
Stavamo
tornando a casa con un aereo di linea questa volta, e come una veterana
del volo, mi sedetti vicino al finestrino e mi allacciai la cintura di
sicurezza. Sandro scherzù: "E' ancora lì la scimmietta?"
Papà
si era seduto vicino a me. Prese la mia mano tra le sue l'aereo aveva
già lasciato la pista d'asfalto e ora, virando, si alzava veloce.
Stavamo
lasciando il suolo africano, dirigendosi in alto verso le nuvole.
Fuori
dall'oblò, sopra di esse così statiche, immobili, mi parve di vedere un
vecchio camminare curvo, completamente vestito di bianco.
In
quell'infinito, mi parve sentire la musica di un organo suonare Bach e
la musica amalgamarsi al battito delle mani su dei tamburi. "Tam Tam"
poi, per una volta ancora, sentii la sua voce. La voce di "Albert mon
ami".
Albert Schweitzer presente a ricordarci il suo messaggio
ultimo: "Non si può vivere senza speranza. La speranza che abbiamo e
che conserviamo è la forza della nostra epoca. Il grande pericolo per
l'uomo è perdere il suo umanesimo. Non essere più uomo, diventare lui
stesso una macchina. Bisogna reagire. Cercare cosa si può fare come
uomini.. Noi dobbiamo, sia per mezzo della religione, sia per mezzo
della nostra condotta,cercare quello che vi è di spirituale in noi e
farlo progredire!
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