Ho conosciuto il compagno della mia vita attraverso il suono della sua chitarra magica...
Ho conosciuto il muoversi delle sue dita veloci su una tastiera preziosa....Delle dita uniche, lunghe, affusolate, dalle unghie limate con cura per impreziosire i
suoni del rascheado...
Ho udito la musica dell'Alhambra scivolarmi lungo la schiena incurvandola e plasmandola con il desiderio di sentire e provare dentro, ancora e ancora la
freschezza dell'acqua che scendeva violenta come una cascata per penetrare in fondo all'anima.
C'era un piccolissimo locale a Roma in Trastevere allora, dove i musicisti, ragazzi perlopiù, si esibivano gratis per il puro piacere di incontrarsi. Alcuni di loro
erano già famosi...
Era una cantina...presa in affitto con il contributo di tutti.
Faceva freddo in inverno, e qualcuno offriva del té brulé in bicchieri lavati e rilavati nella fontana di Piazza Santa Maria.
Eravamo pochi...pochi di più...poi tanti...in quella platea improvvisata dove ci si sedeva in terra stretti tra noi...i fremiti di uno contro i tremori dell'altro provati
nell'udire musiche stupende uscire fuori da strumenti rari, comprati con enormi sacrifici individuali a volte e lavori impossibili per quanto erano duri da svolgere,
da ragazzi che amavano la musica, amavano il riunirsi, amavano il cantare insieme, amavano l'amarsi...
Poi con il tempo il locale ha cambiato assetto..ma quanti artisti sono usciti da lì...i migliori...e tra loro il mio compagno di sempre ...
La sua chitarra.....
...la sua anima e la magia escono ancor oggi...troppi anni dopo da uno strumento che gli ha permesso di vivere da ragazzo...pagarsi gli studi...conoscere il mondo
a cominciare dalla Spagna...da Granada...da Las Cuevas...dal canto dei gitani puri e liberi...e poi...e poi nella vita di sopravvivere...e non lasciarsi morire...
Ci sono state serate gloriose in cui su un palco erano illuminate solo le sue mani sulla tastiera e i suoi occhi inchinati nel trasporto di una musica sublime....
....ci sono state serate di leggera allegria in cui su una nave ormeggiata in un punto di un oceano lontano le corde di uno strumento improvvisato e sbilenco si
muovevano con difficoltà su corde che segavano i polpastrelli...ma la musica c'era ...e come se c'era....un flamenco...un canto andaluso...la paloma lontana...e un
Bach, in quei posti, sconosciuto....
Ci sono state delle sere in seguito, in cui lui non trovava sonno...non trovava pace ...non trovava rassegnazione, né preghiere che lo calmassero nel dolore...il suo
dolore quanto il mio...
Allora scendeva le scale della nostra casa, in piena notte e riprendeva in mano il suo strumento prezioso...se lo appoggiava sulle gambe e accarezzava le corde in
sordina.
Io lo sentivo dalla nostra camera da letto...e la musica non aveva più il prorompente suono della giovinezza, dell'illusione che il mondo intero ci
appartenesse...
Il mondo ci aveva traditi...la vita ci aveva traditi...e la musica ora era un lamento...come solo un inizio di flamenco sa esserlo prima di urlare il suo pianto...
Così lo sentivo, dall'alto in casa..lui da basso...suonare e suonare e suonare ancora..per ore e ore fino allo sfinimento totale e poi...silenzio...si era addormentato
forse con la testa appoggiata sullo strumento...uno strumento stanco e offeso ma mai morto..mai arreso...
E la musica oggi vibra ancora nella solitudine della nostra casa, non ci sono più spettatori, non ci sono corpi vibranti con cui stringere insieme le illusioni di
gioventù, ma c'é una vita vissuta...
....vissuta senza mai aver perso una goccia d'acqua...di rugiada o di sangue...e che ora ha i colori teneri di un arcobaleno e i suoni delle onde che si frantumano tra
loro in un oceano lontano e.....tanto amato.