Tra le prime persone, conosciute a Pattaya, nella nostra nuova vita c'erano un olandese chiamato Dolf Riks e un cinese alla cui amata figlia ha poi lasciato un patrimonio chiamato "Amathya".Strane persone. Anche noi, ai loro occhi, forse apparivamo strani...
Così, e nostre storie, insieme a quella di molti, si sono intrecciate sulle stesse spiagge... Per potermi sposare con l'uomo della mia vita mi sono dovuta sbattere letteralmente la porta della casa paterna alle spalle.
"Lui", mio padre, "lei", mia madre erano persone diverse dal mio essere... tanto diverse che per molti anni mi sono dovuta convincere, nel mio personale rifiuto, di essere figlia loro.
Erano ricchi, famosi, ricercati, sempre sulle prime pagine dei rotocalchi e cercavano di nascondere il più possibile di aver una rompiscatole di figlia, questo, allora, non faceva "giovane" non era alla page e quindi venivo sempre mimettizzata in qualche collegio svizzero. Alché mi vendicai innamorandomi di un ragazzo che si stava facendo da solo.
Un paio di occhiali spessi spessi e il pugno della mano destra sempre alzato. Con lui, la prima cosa che imparai, fu il risparmio...l'arrivare in qualche maniera alla fine del mese, spesso andando a cercare un invito a pranzo o a cena pur di mangiare...questo per arrivare al Nipa Lodge, dopo un paio di anni di vita del genere in Italia, con un bimbo nato prematuro, il cui nonno americano, ancora si stava facendo i conti dei mesi necessariamente passati per la sua nascita.
Non mi pareva vero. Al diavolo l'Italia. Al diavolo i parenti. Al diavolo persino il boom economico che stava raggiungendo la maggior parte delle famiglie e agli anni che mi stavo perdendo in contestazione, ribellione sessantottina e d'intorni.
Al diavolo tutti e tutto. Davanti a me, adesso, avevo il mare, la libertà, il girare mezza nuda e la mia famigliola.
Una famigliola che avrei amato più di me stessa, più della vita, più dell'esistenza e più di tutti i pianti che fin li mi erano stati chiesti di versare per non disturbare la famiglia d'origine. Bello. Si. Fantastico!

Una stanza tutta per noi al primo piano dell'hotel Nipa Lodge. Le finestre aperte sul parco, sulla piscina e poco in là, si poteva intravedere un campo da tennis e un piccolo spazio per il minigolf. C'era un piccolo frigorifero nella stanza, in cui conservavo latte e frutta tropicale, un minuscolo bagno che si allagava spesso, non ricordo perché, là dove in un angolo, avevamo messo un fornelletto elettrico per prepararci la colazione almeno...e le domeniche a stringerci tutti in un lettone per poi ordinare in camera la colazione dal telefono della stanza:
Continental breakfast, orange juice, toast, bread butter and marmalade. Poi il mandar via le scimmie curiose che al primo aprire della finestra venivano a piazzarsi tra noi di nuovo, pigramente, sdraiati.. Incredibili le lotte per cercar di fermare le loro lunghe zampe anteriori nelle quali già stringevano vestiti presi a caso.Bello!
L'andar in riva al mare..il parlar per ore gesticolando con thailandesi che parevano un poco mongoloidi d'aspetto per quanto erano ancora primitivi a Patthaya.
Il maritino prendeva l'autobus al mattino e andava a Bangkok a lavorare e tornava alla sera.Questo quando non era negli States per studiare o per training. Poi, quei pochi militari che vedevo in giro diventarono decine, centinaia...divise ovunque e spesso con loro, aavevano le famiglie americane con i bimbi impauriti. Impauriti come me, come il mio piccolo, dal frastuono dei B.52 che passavano a bassa quota sulla piscina al mattino, diretti in Vietnam. Li contavo mentalmente e, li ricontavo alla sera al ritorno...ne manca uno..ne mancano tre.
I piccoli americani aspettavano che il loro padre di ritasse dal lavoro spesso con terrore.

Ricordo Michael..e Tommy e Liza...tre fratellini dolcissimi... in un giorno particolare.
Qualcuno aveva regalato loro una scimmietta baby e i piccoli la coccolavano felici. Nel pomeriggio il loro padre, tornato stanco, tornato ubriaco, tornato stravolto non accettò di buon grado la "sorpresa" e pensò bene quindi di organizzare li per li una gita in barca, affittando un sampan sulla riva. Contenti in un attimo fummo tutti a bordo, anche noi, io e il mio piccolo... e la gita si trasformò in tragedia. La baby scimmia è stata legata da mani forti, mani crudeli e gettata tra i flutti.
I bambini americani dovevano imparare, imparare a sopportare, impare a diventare uomini e donne.
Anche io ho imparato molto nei mesi a seguire sul comportamento dei soldati professionisti americani, sulla paura in cui erano pervasi i soldati volontari e presto pentiti. Ho imparato a riconoscere i delicati pianti nascosti delle piccole donne thai,la loro rabbia a denti stretti di chi si sarebbe sottomesso a tutto pur di avere una busta con cibarie...qualche dollaro in tasca...qualche altro da mandare al paese su nel Nord tailandese ancora sconosciuto dove vivevano i loro parenti..mentre questi, dal loro canto, imploravano, lottavano, pregavano Buddha e guardavano i campi di riso ,in quell'anno...mai unico... pervasi dalla siccità.

La vita nell'allora villaggio di Pattaya, si svolgeva quasi totalmente nei 6-700 metri di uno spazio centrale della baia. La visione si estendeva quindi a 360 gradi su una spiaggia libera e sull'oceano la cui vastità incontrava solo la curvatura del cielo. In lontananza si vedevano galleggiare alcune isole, tranquille e solitarie.
Ricordo delle frasi dette a turno da ciascuno di noi inventate lì per lì man mano che si scopriva qualcosa tipo:
"Si mangia anche il sole?" alla prima fetta d'ananas fresca mai assaggiata, alludendo al suo centro duro, oppure:
"sanno nuotare le isole" a vederle così tranquille immerse nei flutti o ancora
"il mercatino puzza" per descrivere l'unico mercato esistente a Nord Patthaya dove l'afa e il caldo davvero rendevano irrespirabile la stessa aria anch'essa mischiata con la sporcizia.
Patthaya Sud non esisteva, e quando nacque e si estese, sparse tra gli abitanti del piccolo centro una fama di mistero e di qualcosa che aveva a che fare con una promiscuità di abitudini tra farangs e thai fino ad allora sconosciuta.
Nessuno di noi osava andare a sud del villaggio quando questo nacque.

Intanto giorno dopo giorno si costruivano dei ponteggi fatti di canne di bambu sui quali gli uomini si arrampicavano con l?agilità delle scimmie per costruire nuove case?e ristoranti e banche e alberghi. Tutto si trasforma in fretta in Thalandia persino la mentalità di un gruppo di persone nate solo per pescare.
I Sampan ora portavano i forestieri alle isole vicine e sempre più spesso si vedevano i fianchi delle imbarcazioni con su scritto:
"Welcome" o "Go Island" mentre, sulle isole poco lontane, nascevano posti di ristoro. Ed é stato allora che il sig.Berlingeri, italiano del nord, ha ancora pianificato e fatto costruire, in tutta fretta il suo secondo albergo: l'Orchid Lodge (oggi Amari Orchid).
Non era nemmeno terminato di essere costruito quando ci siamo trasferiti là..c'era un'ala soltanto come dicevo all'inizio e il resto veniva tirato su con fatiche incredibili da un piccolo popolo di lavoratori davvero dalla grande forza e volontà senza fine
. W. guadagnava un po? di più adesso, era pagato in dollari e per il nostro stare in Thailandia era una ricchezza inaudita.
Così ci siamo potuti permettere due stanze comunicanti, una per il piccolo che stava crescendo davvero in fretta e una per noi che avevamo pur bisogno di una certa privacy.

Stupendo il parco che stava nascendo, meravigliosa la piscina con l'acqua che sgorgava di continuo riciclandosi, invitante il campo da tennis dove passavo le ore a giocare a battimuro o con qualche residente di passaggio.
Già il tennis, una mia grande passione.
In Italia prima di partire avevo vinto parecchi tornei e mi ero guadagnata una classifica federale..quindi... non volevo mollare nonostante il campo fosse in mateco e non in terra rossa e quindi le scarpe si impuntavano sul fondo... nonostante le cadute che mi graffiavano le ginocchia ed un caldo mal sopportato da un corpo allora gracile e fragile.
Un pomeriggio ricordo, é passato di lì un signore lungo lungo dal forte accento americano, avvolto in una divisa da tennis candida e portava con se una racchetta racchiusa tra due stecche di legno come protezione.
Mi ha chiesto di poter giocare un set con lui e io contenta ho iniziato a palleggiare studiandomelo lentamente quando qualcuno da fuori campo mi ha sussurrato che stavo giocando con il signor ambasciatore americano in Vietnam.
"Oh, capperi" ho pensato e, mentre le palle continuavano ad andare avanti e indietro da una parte del campo all'altro mi é salita l'antipatia?mi si stavano presentando nella mente tutte le tristi scene che in un territorio poco lontano quei B52 visti giornalmente stavano creando e ho cercato di soffocare un singhiozzo dentro.
Abbiamo iniziato la partita ?e in men che non si dica mi sono ricordata di saper giocare..di saper lottare?di saper essere cattiva su un campo da gioco e vendicativa nella vita.
E la mia vendetta é stata infliggere al sig. ambasciatore un doppio "sei a zero " senza pieta..rimandando quello spilungone dietro alla sua scrivania nel Vietnam con un ginocchio anch?esso ferito per una caduta e un orgoglio mal celatamente ferito.
Qualche volta andavo anch'io a Bangkok, qualche volta ci passavamo la notte.

Quando poi sono venuta a sapere che Oriana Fallaci era di passaggio nella capitale thailandese non ho potuto far a meno di incontrarla, era molto più grande di me ma ancora giovane e forte.
Mi portava notizie di mio padre di cui era collega e amica, portava notizie dall'Italia, portava il suo coraggio dirigendosi come una delle pochissime donne in prima linea nel Vietnam e questo solo per poter poi raccontare, raccontare ciò che avrebbe visto, ciò che avrebbe vissuto.
Sono andata a Bangkok quando é passata Jane Fonda lasciandovi la sua freschezza, la sua irruenza caratteriale e la sua ribellione ufficiale lei americana a fianco dei ragazzi americani ma contro i marines con professione di guerrafondai e i sentimenti da balordi irrefrenabili.
E ci sono andata ancora per trastullarmi sul fiume Chao Phraya, facendomi cullare su barche diverse e perdendomi nei klong dove ancora si vendevano frutta e verdure dove ancora la vita era quasi un rito con l'amalgamarsi degli uomini con l'acqua del fiume.

Siamo anche tornati in Italia qua e là nel tempo, per renderci conto di ciò che stava accadendo nella nostra Roma.
E qui mi sono ritrovata una sera, abbronzantissima sotto una pioggerella primaverile. Mi sono ritrovata seduta in terra a Piazza Navona, stretta stretta tra migliaiai di corpi come il mio, gli occhi fissi su un telone immenso dove scorrevano scene di guerra in bianco e nero, scene della mia Asia, del Vietnam, da cui ero appena rientrata e dove presto avrei fatto ritorno.
E delle voci gridavano urla di protesta e un cantante cantava
"C'era un ragazzo che come me..."
Erano giovani come lo io ero e già diversi.
Loro stringevano ancora dei libri di scuola sotto il braccio, io tra le braccia stringevo un bambino. E mentre scene crudeli continuavano a rullare in bianco e nero sul pannello centrale di una piazza senza uguali al mondo..i miei occhi vedevano il rosso del sangue vivo, rivivendo con il compagno della mia vita, le notti infuocate e buie cercando dei corpi sul litorale tra la Thailandia e la Cambogia, sconfinando spesso troppo spesso e inoltrandoci troppo in un territorio nemico e tutto ciò solo per poter riportare con l?aiuto di decine di altri volontari qualche essere umano alla salvezza di un territorio neutrale tailandese.
Questa era la mia Roma quella la mia Thailandia.

Che dire ancora? Potrei tanto e tanto..potrei non fermarmi più ma devo..
Devo mettere un punto e il punto lo metto sul nostro ritorno definitivo in Patria.
Il piccolo aveva ormai più di sette anni e la guerra stava a nostra insaputa terminando davvero..
Eravamo abbracciati stretti stretti tutti e tre a Roma sul divano ricordo..mentre la nostra televisione ci trasmetteva scene di panico davanti alle ambasciate nel Vietnam.
....mentre gli elicotteri si alzavano in volo e troppo pesanti per gente che vi era voluta salire ricadevano in mare.
....mentre un aereo che aveva caricato tanti bambini rimasti soli per portarli in America ed essere adottati dallo stesso popolo che li aveva resi orfani cadeva come un aeroplani no di carta nel mare del sud est asiatico.
Si devo scrivere la parola fine ...
...il resto Patthaya lo ha descritto da sola cambiando il suo nome da: "Ban" a "CITY"

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